L'Oratorio di Santa Caterina da Siena in via Giulia
La chiesa originaria della compagnia dei Senesi, dedicata a Santa Caterina da Siena, fu edificata nell'anno 1526 su disegno dell'architetto senese Baldassare Peruzzi – che già aveva realizzato la celebre Villa Chigi alla Lungara, ora detta "La Farnesina".
Nonostante i restauri voluti da Alessandro VII alla metà del '600, la struttura subì progressivamente un importante degrado e nel 1760 si decise la sua completa ricostruzione per volere del Card. Scipione Borghese, su disegno dell'architetto senese Paolo Posi.
Sembra che in tale occasione andò perduto gran parte del patrimonio artistico che adornava la vecchia chiesa, tra cui un famoso cataletto disegnato dal Peruzzi. Fortunatamente fanno eccezione le statue di S. Caterina e di S. Bernardino e la splendida pala d'altare raffigurante "La Resurrezione" di Girolamo Genga, di Urbino, che ora si possono ammirare nell'Oratorio dell'Arciconfraternita.
Questo fu inserito intorno al primo nucleo di edifici di proprietà del Sodalizio, di cui fa parte la chiesa che affaccia su via Giulia; le opere che ne fanno parte - oltre alla predetta pala del Genga, recentemente restaurata e presentata ai Confratelli ed al pubblico dallo storico dell'arte prof. Claudio Strinati –, sono anche il pregevole crocifisso di Rutilio Manetti, e le predette due statue – quella di S. Caterina di Ercole Ferrata e quella, splendida, di S. Bernardino di anonimo –, tutte recentemente restaurate.
Nella programmazione degli eventi che la Commissione Arte e Cultura intende predisporre per la migliore fruizione dell'Oratorio Sala del Genga, si prevede la cerimonia di presentazione dei restauri delle due statue, e segnatamente per quella di San Bernardino, rara e pregevole terracotta la cui fattura presenta eccezionali caratteristiche tecniche ed artistiche, quali la progettazione delle forme e misure e la bellezza delle patine cromatiche dai vivi pigmenti che, ad un attento restauro, si sono rivelati inalterati dal tempo.
L'Oratorio è un pregevolissimo spazio, vero gioiello nel cuore di Roma, con splendidi affreschi di G.B.Marchetti (veduta "romana" nell'anticamera, finte finestre con vedute e decorazioni di tipo architettonico, sovrapporte con anfore fiorite), e di Tadeus Kuntz (parti figurate, soffitto e specchiature parietali a grisaille simulanti rilievi in stucco con "angioletti che giocano con simboli cateriniani e domenicani"); la pala del Genga vi fa magnifica mostra di sé collocata in posizione sovrastante un bellissimo altare marmoreo, presumibilmente opera dello scalpellino Sebastiano dell'Oste.
Tale pala della Resurrezione, che ha oggi ritrovato tutta la sua originaria bellezza (dopo l'eccellente restauro conclusosi nel marzo 2008), fu commissionata al pittore Gerolamo Genga (Urbino, 1476-1551), dal banchiere Agostino Chigi, che ne fece dono all'Arciconfraternita di Santa Caterina da Siena, fondata il 4 luglio 1519 e alla quale egli stesso apparteneva. La committenza è sicuramente antecedente il 10 aprile del 1520, anno di morte del Chigi. Gerolamo Genga, che ebbe come primi maestri Luca Signorelli e Pietro Perugino, giunse a Roma probabilmente intorno all'autunno 1519 e quasi sicuramente ebbe contatti con Raffaello, fino ad entrare a far parte della sua bottega. Qui il Genga attinse, come testimonia il Vasari, all'interesse del maestro per lo studio dell'antico. Peraltro, come ricorda l'Argan, lo sparpagliarsi degli scolari di Raffaello in varie regioni d'Italia dopo il sacco di Roma aveva indubbiamente facilitato la diffusione di quello che era ormai un flessibile, sensibilissimo linguaggio figurativo.
La richiesta di una importante Resurrezione, dimostra quanto l'opera di Genga fosse apprezzata dai maggiori committenti del tempo. Da questo momento però, Genga abbandonò la pittura per dedicarsi unicamente all'architettura, campo nel quale raggiunse ugualmente una notevole fama.
I personaggi raffigurati dal Genga nella pala della Resurrezione, inseriti nel paesaggio con grande sapienza compositiva, sono il Cristo, Maria di Magdala, Maria di Cleofa, Maria Salomè, e angeli, soldati, corredati di lance, elmi, vessilli. La firma dell'artista è posta sul sottogola dell'elmo rovesciato. I restauri, sia nella parte lignea (la pala è ad olio su tavola) che nella superficie pittorica, hanno restituito interamente lo splendore cromatico della composizione.
L'Oratorio, così come la Chiesa e in futuro l'Archivio Storico, aperti alla partecipazione dei fedeli, degli studiosi e del pubblico, sono nutrimento spirituale e culturale che induce a sperimentare il bello come riflesso della bellezza divina, con umiltà, letizia e animo grato.
Lo spazio dell'oratorio è disponibile per iniziative e incontri culturali consoni al luogo.