La Chiesa e le sue Opere

Facciata Chiesa

A chi non è occorso di entrare in una chiesa seguendo un impulso improvviso, magari diretti ad un'altra destinazione e interrompendo per un po' il percorso previsto, per offrirsi un attimo di raccoglimento, di pace, di ascolto interiore ?

Entrando nella chiesa di Santa Caterina da Siena in Roma, saliti i quattro gradoni in travertino del sagrato prospiciente la cinquecentesca strada Giulia, si apre ai nostri occhi e si espande nel nostro cuore, come un respiro, la bellezza ideata per onorare la casa del Padre. Il maestoso impianto architettonico, gli affreschi e le pale d'altare, ogni oggetto, fin alle più piccole suppellettili e agli arredi della chiesa, tutto concorre a formare quell'atmosfera serena e solenne al contempo, ad accompagnare i nostri sentimenti di gratitudine, di riflessione, di contrizione, nella gioia o nel dolore, ma certamente nella fiducia e nella speranza dettate dall'Amore che ci avvolge e ci ispira a restituire amore, a migliorare noi stessi. La scelta schiera di artisti che nella seconda metà del XVIII secolo, coordinati dal senese Paolo Posi, hanno lavorato alla riedificazione della chiesa, laddove sorgeva la precedente, opera cinquecentesca di Baldassarre Peruzzi ormai caduta in rovina, profondamente consapevoli della qualità della committenza, hanno ben espresso e interpretato i sentimenti di pietà popolare, spiritualità e devozione che la Confraternita da sempre tributa alla Santa senese. Nella ricostruzione settecentesca, voluta dal cardinale Scipione Borghese, (di cui si ammira l'effigie dipinta nella galleria dei ritratti custodita nelle raccolte storiche della Ven. Arciconfraternita) andarono purtroppo perduti gli affreschi di Timoteo della Vite, discepolo di Raffaello, un prezioso cataletto su disegno dello stesso Peruzzi e numerosi arredi e suppellettili.

La facciata dell'odierna chiesa, di chiara ispirazione borrominiana nel suo andamento concavo, costituisce un originale elemento di discontinuità sui tracciati paralleli di Via Giulia ideati dal Bramante e rappresenta un passaggio obbligato per la conoscenza della cultura figurativa del secondo Settecento romano. L'architetto ha privilegiato gli ordini dorico e ionico, inserendo il portale tra colonne alveolate che raccordano la campata centrale alle superfici laterali, chiaroscurate dall'alternarsi di curve e andamenti lineari. Sovrasta il tutto la cartella coronata dallo scudo araldico senese. Tra volute in stucco dorato si apre in alto l'ampio finestrone centrale, affiancato da specchiature ovali con i simboli del Senato della città di Siena e i gruppi di Romolo e Remo e di Senio e Ascanio, con la lupa, che è anche simbolo di Siena: infatti secondo la leggenda questa città fu fondata da Remo. Pur nel suo carattere in gran parte innovativo, la chiesa è ideata razionalmente nei suoi elementi costitutivi - spazio esterno, porta, navata, presbiterio, altare, abside, catino - nei quali il Posi segue i canoni architettonici classici riferiti agli edifici di culto cristiani.

L'interno si presenta con un'unica navata voltata a botte con lunette, affiancata da due cappelle per ogni lato comunicanti tra maestosi pilastri. Il percorso prospettico conduce fino al presbiterio rialzato, al cuore pulsante della celebrazione eucaristica sul marmoreo altare, e alla retrostante abside orientata sull'asse est-ovest, seguendo il percorso solare, che in questo caso rappresenta un simbolo Cristico. Il sobrio cromatismo dei grigi chiari, dei rivestimenti in giallo di Siena e delle decorazioni a monocromo su fondo dorato, dona compostezza e unità formale. Splendida la ricca decorazione pittorica, di gusto barocchetto, progettata dallo stesso Posi e realizzata da un cenacolo di artisti cosmopoliti, operanti al tempo in Roma. Notevoli anche gli eleganti capitelli in stucco dorato recanti i simboli cateriniani (i gigli, il cuore e la corona) di Wander Elsken, i dipinti sulla volta con l'illusione prospettica dei quattro angeli sorreggenti, di Taddeo Kuntz, le decorazioni a foglia d'oro di Pietro Tavanelli, le ricercate pitture murali di G.B. Marchetti, gli altari di Andrea Dell'Oste. Tra le opere si ammirano, nella prima cappella di sinistra, il Monumento funebre a Paolo Posi, architetto della chiesa, opera di Giuseppe Palazzi, e la bella pala d'altare di Domenico Corvi, Gregorio VII spegne con un gesto di benedizione l'incendio appiccato in Vaticano dalle truppe di Enrico IV, in cui non appare il gruppo di Enea e Anchise (citazione da Raffaello), presente invece nel bozzetto. Nella cappella successiva si ammira L'Assunzione del giovane Tommaso Conca, di grande spazialità cromatica e preludi classicistici.

Nel catino dell'abside campeggia il grande affresco, in tutto fedele al modellino ligneo, di Lorenzo Pecheux de Lyon (Ritorno di Gregorio XI da Avignone (1773) storica e morale conquista della paziente opera condotta da Santa Caterina da Siena. Nel presbiterio, lo Sposalizio mistico di Santa Caterina (1768) di Gaetano Lapis, dalla bella cornice dorata, sorretta da palme intrecciate e coronata da una gloria di cherubini. La coesione dell'impianto pittorico, il modularsi dei piani cromatici in sequenze di raffinata armonia, la monumentale plasticità delle figure, tutto presagisce un orientamento teso verso il primo neo-classicismo. Sulla destra, nella prima cappella troviamo Una predica di San Bernardino di Salvatore Monosillo, recante ancora motivi stilistici arcaici.Nella seconda cappella di destra la pala d'altare raffigura Cristo appare al Beato Tolomei in preghiera (oggi Santificato), di Niccolò La Piccola di fervido realismo e presago del romanticismo. La testimonianza del valore dei due artisti, come gli altri impegnati nella nostra chiesa, sappiamo come il Monosillo e il La Piccola, lavorassero quasi contemporaneamente anche alla cappella Gregoriana in S. Pietro.

La decorazione pittorica si arricchisce infine degli ovali dipinti ad olio, in numero di quattro per parte, che illustrano fatti memorabili della vita della Santa e, pur presentando nell'insieme un aspetto di unitarietà stilistica e formale, ad una attento studio offrono spunti di riflessione sulla complessità delle motivazioni che furono alla base di diverse scelte linguistiche, ancor prima che stilistiche ed iconografiche.

Nei due ovali di Gaetano Lapis, posti al di sopra delle porte del presbiterio, a sinistra Cristo mostra a S. Caterina la Ferita del Suo Costato, a destra Cristo Portacroce appare a S. Caterina in penitenza, è chiara la ricerca di un nuovo linguaggio pittorico. L'influenza del Lapis si avverte nei due ovali di Pietro Angeletti, sovrastanti le due ultime porte affrontate della navata, S. Caterina giovinetta in preghiera e S. Caterina rinuncia a una corona d'oro per quella di spine offertale da Cristo; infatti nella trasposizione pittorica, dai bozzetti alle tele realizzate, si avvertono notevoli modifiche strutturali, maggiore scioltezza nella composizione e una più sottile ricerca di verità morali, che si allontanano dallo spirito rococò del tempo. Gli altri ovali sovrastanti le porte nella navata rappresentano Cristo comunica S. Caterina da Siena e Cristo dona a S. Caterina una croce pettorale dell'avignonese Etienne Parrocel; la freschezza luministica e fluidità del disegno rivelano qui una decisa influenza del Lapis nella levigatezza della materia cromatica e nel raggelamento dell'immagine. Infine ancora due ovali, Santa Caterina che riceve le stimmate e Cristo che dona il suo cuore a santa Caterina, in origine dipinti da Giovanni Sorbi ma restaurato l'uno e sostituito l'altro ad opera di Tommaso Conca.

Dallo studio delle modifiche sopravvenute tra i bozzetti e le opere finite, si comprende come si dovette instaurare tra gli artisti un clima di fervida collaborazione culturale ed una armoniosa reciproca influenza stilistica, a tutto vantaggio della originalità innovativa delle opere. A tale proposito, collaborando con il compianto prof. Luigi Spezzaferro ad alcune ricerche nel nostro archivio storico, abbiamo potuto rilevare alcune notizie sorprendenti e, documenti alla mano, formulare nuove e per ora inedite ipotesi sulle opere stesse, che ci auguriamo di poter presto approfondire e soprattutto condividere, per continuare nell'opera di valorizzazione dell'importante patrimonio artistico, storico e religioso dell' Arciconfraternita.